giovedì 30 maggio 2013

‘Ndenna e Cunocchia di Castelsaraceno

‘Ndenna e Cunocchia sono gli sposi più amati e famosi di Castelsaraceno.
Quello che si celebra in giugno, appunto a Castelsaraceno, è una delle tradizioni che tiene vivo un antico rito arboreo diffuso sui monti del Pollino come nelle Dolomiti lucane.
Uno straordinario inno alla fertilità, tra credenze e suggestioni, nel radicamento profondo di amore e rispetto della terra. Una di quelle feste popolari che suggellano l’ancestrale legame degli uomini e delle donne di Basilicata con gli elementi della natura e del tempo.
Qualcosa che assomiglia alla devozione e alla preghiera quanto allo spirito di sacrificio e di pazienza. Qualcosa che nella simbologia esprime forze, speranze e pensieri trascendenti.
Nella prima domenica di giugno gli uomini più esperti e prestanti di Castelsaraceno si avviano nel bosco del Favino, devono cercare il faggio giusto da abbattere, un esemplare di almeno venti metri di altezza con un bel fusto dritto. Il faggio, ripulito di corteccia e rami, viene trainato dai buoi. Ma è un vero corteo di baldoria, con tanto di merenda e musica, di euforia e di curiosità. Magari con l’aiuto del trattore, oggi. O con le incursioni dei ragazzini rapiti dall’avventura. Nonostante la fatica è una grande giornata di eccitazione.
Il faggio è lo sposo, deve arrivare bello e raggiante in piazza.
Nella seconda domenica di giugno è la volta della sposa, una cima d’abete (o di pino): il rituale per la scelta e la preparazione della Cunocchia è ancora più delicato, ovviamente. La sposa è femmina e, si sa, deve presentarsi all’altare in un vero tripudio di grazie! Un’altra giornata di grande partecipazione emotiva e di enorme spasso in quel primitivo e viscerale entusiasmo che anima vecchi e bambini.
Il sudore si mescola al riso e alle lacrime, come è nell’essenza stessa della vita.
L’opera è compiuta, la Cunocchia potrà convolare a nozze con la ‘Ndenna.
Così, nella terza domenica di giugno, la piazza di S. Antonio accoglie il matrimonio in una danza dei sensi che trasuda fede, fiducia, magia. Un’atmosfera tanto spirituale quanto squisitamente carnale. Il rito arboreo sublima la linfa arcana dell’esistenza e la potenza materiale delle mani e delle creature della terra.
Rigogliosa e splendida, la coppia ‘Ndenna e Cunocchia issata verso il cielo strizza l’occhio alle energie buone e invoca serenità per tutti. Alla benedizione possono scatenarsi solenni abbuffate e giochi e canti e applausi.
Auguri ‘Ndenna e Cunocchia, che il tempo vi conservi nel cuore dei lucani!

lunedì 20 maggio 2013

I muri viventi di Satriano


Satriano di Lucania, tra i borghi più belli d’Italia, è una delle più affascinanti capitali dei murales, praticamente una pinacoteca a cielo aperto.
L’eredità dell’illustre pittore del Seicento Giovanni De Gregorio detto il Pietrafesa scorre nel sangue dei satrianesi, nei vicoletti del paese, sotto l’antica Torre, nel morbido paesaggio crocevia tra costa tirrenica e costa jonica.
Qui i muri narrano di costumi e gesta, di vita quotidiana e di leggende. Una dimensione scenica che fa respirare una curiosa e affascinante fusione di realtà e fantasia.
Sono case animate, quelle di Satriano. Libri sempre aperti dove ciascuno, incantato, può
leggere storie o incontrare emozioni. Sguardi che incrociano i tuoi, incantati dalle atmosfere.
Amo i murales, non potrei non amare Satriano. Ma le case rivisitate dall’arte, la pittura spalmata tra le pieghe delle pietre, la narrazione della memoria o dell’immaginazione è qualcosa di più di un piacere, di un gusto, di un’attrazione. Ha il fascino agre di una tradizione essenziale, come un sigillo di autenticità. Ti spruzza addosso una malinconia mite e una leggerezza saggia, ti accoglie in uno spazio consegnato all’album dell’identità, ti consegna le chiavi di uno scrigno di verità asciutte.
Grandi affreschi di umanità che si affacciano con rustica grazia, un po’ opere d’arte un po’ impronta di popolo, i murales di Satriano disegnano un percorso di dignità e ardore, testimoni del tempo e messaggeri di civiltà.
Satriano d’altra parte esprime la vocazione lucana a quella spiritualità di terra e aria che ti spoglia da frenesie di bellezza proprio mentre ti abbraccia di bellezza. Luogo delle mani e del cuore che si infila nei pensieri fino a scuoterli, fino a farti sentire voci sopite.  
I murales diventano così tappe del tuo viaggio, compagni, scoperte. E richiami ancestrali, come quelli del tipico carnevale di Satriano, che conserva il forte simbolismo di un vecchio rituale arboreo. Prendi il loro ritmo e conserva il messaggio, per sempre.

sabato 18 maggio 2013

Il matrimonio degli alberi (ad Accettura)


Inutile narrarvi della tradizione, della festa e dei lunghi e spettacolari riti di celebrazione: potete trovare ottime e abbondanti informazioni in rete, questo comunque è il link al sito ufficiale.
Attraverso la storia di un antico e suggestivo costume vi sarà facile intuire quanti aspetti e quante credenze siano state motore e anima di un matrimonio così singolare. Ne sarete conquistati, forse. O almeno incuriositi. Perché nel Maggio di Accettura, in terra di Basilicata, si mescolano culti e percorsi culturali che cavalcano le onde del tempo, delle civiltà, della magia come della filosofia degli uomini e della natura.
Le nozze si compiono quando la cima di un agrifoglio viene innestata su un grande cerro denominato Maggio ma la festa è scandita da molte tappe, prima, durante e dopo in un trionfo di teatralità e di emozione popolare che esprime ancora oggi l’infinita potenza di un richiamo ancestrale e di un sentimento di socialità e di speranza.
A me piace pensare alla primavera come resurrezione e quindi il Maggio di Accettura con il bizzarro quanto simbolico matrimonio mi arriva come una danza propiziatoria, un canto romantico, un omaggio appassionato alla bellezza e alla vitalità del creato. Una cerimonia primitiva che esalta la dimensione umana della terra e dei suoi legami, dello spirito di fede e di comunione. Qualcosa che scuote profondamente la nostra più intima essenza, un po’ animalesca, un po’ spirituale.
E’ una festa della fatica, del sorriso, della fiducia, del rispetto. Non è la rappresentazione di una leggenda ma la leggenda stessa che si perpetua esattamente come la vita. E’ il senso essenziale del tempo che si rinnova, della natura che vede l’alba dopo ogni tramonto, di un incantesimo che non si deve rompere. Religiosa preghiera o pagano scongiuro perché la buona sorte abbracci gli uomini e la terra.
Nei gesti come nella partecipazione c’è l’identità di un popolo, delle sue pulsioni più
arcane come della sua straordinaria lucidità. Il maggio di Accettura è una delle espressioni figurative più sublimi di una saggezza ruvida, per cuori sensibili e menti pronte a un bagno di autenticità. Siamo il calore delle viscere e non dovremmo dimenticarlo, mai.

Sono accanto a quegli uomini e a quelle donne, a quella gente di Basilicata, ai maggiaioli di Accettura, che in questi giorni sono in sacrale fermento, più che mai uniti in un inno augurale di amore e pazienza. Con commozione gioiosa.
Un romantico brindisi agli sposi!

mercoledì 15 maggio 2013

Cinque Terre, patrimonio mondiale dell’umanità



Chi non conosce le Cinque Terre forse fa fatica a comprendere come la naturale bellezza si mescoli a un romanticismo severo e commovente insieme. 
Una lingua di incanto tra terra e mare, lungo una rocciosa costa frastagliata, arrampicata su sentieri e mulattiere che si aprono su panorami indescrivibili, con quel terrazzamento di muretti a secco dove la vite e l’olivo godono splendide condizioni di vita.
Borghi surreali eppure così vivi, nelle faticose salite, nelle impensabili strettoie, nei colori schizzati da un pittore geniale quanto sentimentale.
Profumo di limoni, casse di acciughe, turisti e emozioni. Sulla Via dell’amore. O a spasso senza meta. O su e giù dal trenino che collega Monterosso a Vernazza a Corniglia a Manarola a Riomaggiore. Magari appesi, vista mare, con gli occhi che frugano in quel fondale cristallino. Oppure a curiosare tra arte e storia, immersi in un’atmosfera unica, quella del viandante rapito…
Con la montagna e il mare che si toccano, nelle linee austere delle case-torri di stile genovese, negli slarghi che ospitano il ristoro di escursionisti, bagnanti e anime locali, c’è una concentrazione tale di elementi seducenti che quasi dimentichi di fare fotografie. Non sono posti da ricordare, sono luoghi da vivere.
Nella durezza di quelle condizioni tanto suggestive quanto difficili si invitano i pigri a stare al largo. Le Cinque Terre sono patrimonio dell’umanità che ama la bellezza autentica. L’ambiente a tratto aspro ha la potenza di ammaliare per la sua unicità, per gli scorci inimmaginabili, per le connotazioni intense.
Le Cinque Terre non si possono raccontare. Armatevi di buon passo e voglia di mare e monti e ficcateci cuore e naso dentro. Lo spettacolo è tutto lì, nel respiro e nel sudore. Nel bagno che rinfranca, nello sguardo che si riempie per sempre.

giovedì 2 maggio 2013

Piazza Demetrio Stratos a Oppido Lucano


“Sperimentatore della voce” è già una serenata. Come un pentagramma la targa suggerisce suoni, arrivano all’orecchio così, in un volo di ricordi, onde di una leggenda. A Oppido Lucano, in una piazza che la memoria di Demetrio Stratos invade improvvisamente di musica, fai uno di quegli incontri che non ti aspetti, che non capisci neanche perché capitano e ti fanno aprire la bocca di sorpresa con gli occhi che ridono. 
E’ morto ragazzo, Demetrio Stratos, lasciandoci orfani del suo talento e della sua originalità. Eppure basta il pensiero, quella voglia di conservare il tesoro e nulla è davvero perduto. C’è, intatta, la lezione, e soprattutto l’amore, quella sperimentazione geniale quanto gioiosa che rompeva gli schemi e andava oltre ogni confine.
Scienziato della voce, Demetrio Stratos. Cantante e musicista unico nel panorama mondiale per virtù forse inspiegabili e per un percorso che ancora ci affascina.
Dai Ribelli agli Area o come solista, nella fusion e nel rock alternativo, forse avete tutti ancora in mente Pugni chiusi o Oh darling. Come uno strumento le labbra producevano melodie da brivido.
Lo ritrovi nella piazza di Oppido Lucano (PZ) come in una via, a Vaglio Basilicata, che non sono come l’auditorium degli studi di Radio Popolare a Milano ecco.
E d’altra parte questo è il bello di un viaggio, trovare anche quello che non cerchi eppure ami. Capire che i prodigi, quelli veri, sono sempre nell’aria e puoi toccarli ovunque. Basta avere il cuore in valigia, pronto ad abbracciare il soffio. Soprattutto un soffio così portentoso.
Demetrio Stratos patrimonio dell’umanità.