sabato 27 aprile 2013

Arona prima tappa del Lago Maggiore (NO)


Un novarese fa tappa ad Arona un numero di volte praticamente incalcolabile lungo la vita. A fargli concorrenza i milanesi, quelli del varesotto e i vercellesi ma anche tedeschi e olandesi, amanti fedeli del Lago Maggiore.
La riviera del Lago Maggiore, fino alla vicina Svizzera, è d’altra parte zona di enormi bellezze naturali e di incantevole pregio turistico. Non solo, è un piccolo mare in una dimensione collinare straordinaria, ricca peraltro di attrattive artistiche e storiche oltre che ambientali. 
Per il risvolto dell’accoglienza non guasta ricordare la sterminata offerta di strutture alberghiere, residence, campeggi, ristoranti, bar, locali serali e occasioni di divertimento.
La premessa è d’obbligo, almeno per chi non ha grande conoscenza di Arona.
Però il viaggio narrativo sta nelle atmosfere, che ad Arona sono un miscuglio di vita
cittadina, aria vacanziera tutto l’anno, angoli chic, spazi visivi di relax, ritmi di paese e incroci di lingue. Ci vai a prendere il sole o a pescare. Ti imbarchi per una splendida gita in traghetto o ti godi lunghe passeggiate. Vai a goderti una romantica notte stellata o tiri tardi con gli amici tra un drink e quattro salti sotto la musica. E, chissà come, avverti quella libertà che ti fa stare lì e altrove in un sol colpo. Con i pensieri distesi sull’acqua all’ombra della fitta e colorata vegetazione e quel passo morbido che prendi quando annusi con una calma che non sapevi più di avere.
Tra i giochi e le luci che fanno mille occhiolini, ai piedi di San Carlone (Statua di San Carlo Borromeo), vaghi in una riproduzione del mondo in miniatura. Come se fosse lì a farti assaggiare quello che esiste per metterti appetito. Magari in bassa stagione per toccare i riflessi del silenzio. O nella folla estiva per respirare gli odori in movimento.
Arona non è speciale, se pur bella. E’ un concentrato di momenti e di immagini, tanti quanto bastano per farti fare scorta di sensazioni e desideri, di sospiri e di  grida. Un cortometraggio intenso. Forse solo il principio di quel tour di scoperte entusiasmanti che è il Lago Maggiore.

lunedì 15 aprile 2013

Novara, Basilica di San Gaudenzio: la scalata delle emozioni


La Basilica di San Gaudenzio, con la celebre cupola dell’Antonelli, non è solo il simbolo di Novara, è un monumento di fede, arte e storia che attira “scalatori” da tutto il mondo.
Da aprile 2013 la cupola, dopo i restauri, è di nuovo patrimonio dei novaresi e dei turisti, visitabile con l’ardua scalata che consegna alla vista un panorama che leva davvero il fiato. Nelle splendide giornate primaverili lo sguardo abbraccia l’intera città, si estende oltre le risaie della provincia, si affaccia sulle maestose Alpi e raggiunge la Madonnina del Duomo di Milano.
Emozione allo stato puro.
La Basilica è molto bella, meta del cuore dei novaresi che visitano lo Scurolo con l’urna
del santo protettore e patrono offre innumerevoli elementi di speciale interesse artistico e storico, dalla cappella della buona morte, alla cappella della circoncisione e a quella del crocefisso, della Madonna di Loreto e dell’ Angelo custode e a quella del Santissimo Sacramento, con tante opere di pregio, fino al Polittico di Gaudenzio Ferrari e alla Sala del Compasso.
Ma indubbiamente è l’ardita e maestosa cupola antonelliana a carpire maggiori attenzioni, così geniale e significativa, visibile da qualsiasi arteria di accesso alla città, da incredibile distanza. Quei 121 metri di cupola che l’architetto ingegnere Alessandro Antonelli volle concepire e costruire secondo un'idea illuminata e straordinaria in perfetta aderenza al territorio sono, ancora oggi, uno dei più alti (o il più altro) edifici al mondo in sola muratura. Proprio così! Antonelli volle infatti utilizzare solo materiale locale, mattoni e calce, e progettò un sistema a cerchi concentrici che si innalzano, sempre più piccoli, verso il cielo scaricando man mano il peso sulla struttura portante così da scongiurare pericoli fatali (in caso di cedimento la struttura collasserebbe su se stessa e non sugli edifici circostanti).
Adesso è visitabile interamente, anche oltre il sottotetto dell’Abside che accoglie la sala del compasso alla quale si accedeva attraverso il settecentesco campanile dell’Alfieri. I visitatori possono arrivare in vetta, naturalmente con la guida, pronti all’euforia e alla commozione.
Lassù ad accogliere fedeli, studiosi e appassionati svetta la statua del Cristo Salvatore, alta quasi 5 metri, in bronzo ricoperto da lamine d’oro. E…il mistero di un compasso e di un grande architetto che tanto volle un “segno” importante che fosse intimamente legato alla città. Una sfida interessante per tutti, forse una eccezionale eredità.

giovedì 11 aprile 2013

Ciciu del Villar


O empi incorreggibili, o tristi dal cuore di pietra!
In nome del Dio vero vi maledico. Siate pietre anche voi!

La leggenda tramanda le parole di San Costanzo ai soldati romani. E, quale che sia la realtà, ecco i Ciciu del Villar, straordinaria composizione naturale di terra, roccia magmatica, gneiss occhiadino.  
In migliaia di anni le centinaia di stravaganti massi detti Ciciu (pupazzi in dialetto) sono stati investiti da altre credenze e rivestiti di molte storie: sono diventati quello che rimane dopo una sabba di streghe interrotta da un uragano oppure bizzarre creazioni notturne delle masche (le masche sono figure singolari della credenza popolare piemontese, donne apparentemente normali dotate di poteri soprannaturali).

Oggi il fenomeno si spiega scientificamente ma i visitatori amano l’approccio misto, all’ambiente con le sue evoluzioni rigorosamente tracciabili e al fascino misterioso della terra e delle anime che la popolano.
Non sono enormi funghi ma in qualche modo ne replicano le forme, pur con quei dettagli che li fanno assomigliare a gioielli di architettura o evocano profili umani.
Considerando le dimensioni (da uno fino a dieci metri d’altezza con un “gambo” di tre metri di diametro in media e un “cappello” che può arrivare agli otto metri) intuite al volo quale scena si possa parare dinanzi agli occhi: un’avventura vera.
Il percorso tra i sentieri dei Ciciu è avvincente, non c’è dubbio. Il gioco geologico solletica la fantasia e lo stupore. Un set cinematografico in perenne ciak, tra fitti boschi abitati da diverse specie di picchi, rapaci e notturni come civette, gufi, barbagianni, poiane, allocchi, falchi pellegrini e una ricca fauna di zona.
Ciciu del Villar, Villar San Costanzo (CN), Piemonte.

lunedì 8 aprile 2013

Gente e vita sarda


Come una manciata di parole sapienti che narrano una storia. Attimi fissati a svelare, nitida, la scena della vita. Il tratto di Aldo Riso è quello del verismo declinato nella poesia delle suggestioni.
Di una realtà consegnata franca e disadorna, nei toni tenui e essenziali dell’essenza. D’altra parte, proprio nella dignità di anime e cose, non vi è celebrazione ma rappresentazione, in elementi che non figurano altro che materia e momenti di esistenza.
Di gesti che si intuiscono, di parole che possiamo immaginare, di un’ora calda e di un cammino di lavoro e abitudine. Di uomini e donne di terra. Di un carro che l’asino tira ogni giorno. Di panni stesi a un palmo dal cielo. Nelle pieghe calde di un’aria che consegna, eterne, le atmosfere.
(Gente e vita sarda, acquerello di Aldo Riso)

sabato 6 aprile 2013

Spicchi di Val Grande


Cammino per le valli ossolane da quando ero bambina. Non basterà mai, potrei tornarci ancora migliaia di volte e continuerei a scoprire emozioni e scorci nuovi.
Da Premusel (Premosello Chiovenda) due esperti escursionisti e la guida si avventurano per il Balm de la Vegia (Fajera, alta valle del Nibbio) sulle tracce di un leggendario amore, mi piace guardare i loro passi che si avviano forti e curiosi.
Gli altri sono alle prese con le avventure nel canyon molto verticale che supera il mio coraggio. O a caccia di sentieri più o meno praticabili nel “vuoto” della selvaggia e straordinaria Val Grande. Forse a Pogallo o chissà dove. Wilderness, lo sento da bocche d’oltralpe, amanti dello spazio autentico e incontaminato da conquistare a sudore e meraviglia. Le tracce dell’uomo ci sono, in verità, ma silenziose e sepolte dal tempo.
Nell’aria paciosa mi muovo lenta, sotto la pelle che si scalda e si colora al sole. Non ho meta, nel regno dello sguardo. E poi la sorpresa della natura è questa, cercare niente e trovare tutto. Perché hanno ragione quelli che si tuffano nel wilderness, il vuoto è pieno.
Incontro attimi e risposte. Magari nella fatica delle gambe e del fiato, magari nella sosta di un alpeggio o a un passo da due innocue nuvolette che danzano nel cielo terso.
Una salita, che credo un corridoio verso una vetta, e mi affaccio su una cartolina.
Luccicano, i tetti in beola delle baite.

martedì 2 aprile 2013

La guida verde Touring: Foggia e il suo territorio


Le “guide verdi” Touring Club sono note perché costituiscono una chiave di viaggio di grande utilità e appeal per il turista e per l’appassionato di specificità. Non solo itinerari, insomma, ma una enorme quantità di informazioni e spunti sui luoghi, sull’arte, sull’ambiente, sulle opportunità culturali, sportive, d’avventura. E un ricco ritratto di storia, gastronomia, curiosità, rarità naturalistiche e elementi di attrattiva.
Opere che valgono più di una lettura, prima e durante la vacanza o la visita.
Appena pubblicata è la guida “Foggia e il suo territorio”, di cui è autore il bravo giornalista Vincenzo Petraglia.
Sono andata a sbirciare, affascinata come sempre dalle meraviglie del nostro Bel Paese, interessata a scoprire le virtù e la vocazione di una terra e della sua promozione. Ecco, presto molta attenzione a questa attività di valorizzazione delle risorse autentiche dell’Italia, e trovo che il Touring Club, anche con le sue guide verdi, sia una fonte inesauribile di stimoli turistici di ampio respiro.
Il taglio di Vincenzo Petraglia è proprio quello di una sirena, incanta i lettori per invogliarli alla meta. Trovo che nella celebrazione dei luoghi trovi infatti gli impulsi giusti per ingolosire gli appetiti di conoscenza dei viaggiatori e questo è molto più di una pubblicità, è una promozione turistica a “sfondo consapevole”: orientare vuol dire proporre e offrire molto di più di una sfilza di riferimenti e, fortunatamente, Petraglia e il TCI lo sanno molto bene.
In questa operazione, ovviamente, non avendo approfondite conoscenze di Foggia e dintorni, ho tenuto conto anche dei detrattori. Valutando la guida verde insomma ho letto anche le critiche, i commenti di quelli che trovano nei prodotti editoriali come questo e analoghi sempre un margine di approssimazione e di superficialità. Magari hanno scovato qualche errore o semplicemente un richiamo datato o un particolare mal documentato.
Avendo in mente i meccanismi di lavoro trovo che questi siano appunti umanamente comprensibili per chi vive e ama un territorio ma che non tolgono alcunché al pregio della guida. E’ impossibile, per un’infinità di motivi, realizzare una guida con l’autorevolezza assoluta di un’enciclopedia di insindacabile livello. E’ essenziale invece stendere una guida che colga, rispetti e diffonda i valori chiave di una zona e del suo patrimonio. Quella di Vincenzo Petraglia per il TCI risponde sicuramente a questi principi. La guida verde “Foggia e il suo territorio” è il biglietto da visita, importantissimo, dell’area. Una fonte di tracce e percorsi, con ricco corredo di immagini e di allettanti cenni alle tradizioni, al costume, ai risvolti di approccio.
Trovo dunque speciale piacere ad ospitarne qui la notizia e a dare alla guida verde di Foggia il meritato risalto. A me trasmette quanto basta per mettere quel territorio tra i desideri di esplorazione.
Complimenti a Vincenzo Petraglia: un grosso impegno che l’eccellente risultato dovrebbe aver generosamente ripagato.